lunedì 26 gennaio 2009

Saluti da Venezia


E lui se n’è andato. Anche lui. Se n’è andato.
Senza battere ciglio, né la porta. Magari l’avesse fatto! Ci sarebbe ancora un’illusione da guardar sfiorire, duri quanto duri, nel vaso buono del salotto. Qualcosa a cui appendere il tempo.
Dai tuoi? Meglio di no. Bene gli vuoi bene, ma non basta: nella tua stanza c’hanno messo le canne da pesca di papà e i pomeriggi vuoti di mamma. La sua tavola da stiro con la fodera a limoni marinata all’appretto.
Da Carola no. Cioè sì, per carità, Carola è Carola e c’è sempre, ci sarà sempre, puoi contarci. Da vent’anni lo stesso parrucchiere, appuntamento per due, taglio e piega. Più qualche meches che tu non hai mai voluto provare. “Ma ti ringiovanisce”. Niente meches al tavolo 5.
Quale vita andare ad abitare adesso che nella tua c’è un vuoto tale che si sente l’eco dei borborigmi?
Boh.
Comunque lui non torna. S’è preso anche il filo interdentale e la sveglia dei Ramones. Le conchiglie a gondola, saluti da Venezia, l’ha lasciate ad invecchiarti. Nessun uomo vorrà fare l’amore con te dopo aver visto le conchiglie a gondola nell’ingresso.
A chi la dai la tua carne giovane, indurita dall’acquagym e dalle riunioni di condominio, a chi il tuo intimo in coordinato rosa antico, verde acqua, rosso cardinale, giallo croco?
Perché finché va bene va bene, e tradirsi non sembra un gran tradimento, e svendersi non sembra una gran remissione perché in fondo ce l’hai comunque un tuo guadagno, e si sa che per avere bisogna dare.
Ma dare hai dato, avuto poco, se sono le quattro e mezza del mattino e hai già finito di stirare.
E hai stirato anche le mutande.
Lui non ha nemmeno un’altra alla quale dare la colpa di tutto, delle serate afasiche sul puf, dei baci senza lingua, del maglioncino in lana per Natale. Tu sei allergica alla lana.
Se n’è andato, punto. È così.
Sul divano ti tocchi il femore sporgente e ti riaccendi una sigaretta che non ha il sapore che ricordavi. Niente ha il sapore che ricordavi. Per esempio la tua ultima solitudine: era piena di poster di Luke Perry. Il tuo ultimo orgasmo di eccitanti sensi di colpa.
Indice e pollice arrotolano una ciocca di capelli all’henné. Appena si fa giorno devi chiamare Carola, per fissare dal parrucchiere.
Taglio, piega e meches per due.

6 commenti:

  1. sto invitando l'umidità fuori a cena..per farmi giustizia da solo..le faro assagiare il mio maglioncino d'ordinanza e il tepore di due piagiami a cipolla, sottecchi, li ad abbandonarla..noi.

    comunque tu sei e resti una di quelle persone che terrebbero sulla soglia all'entrata giovanni rana.

    le pellicine delle unghie dei piedi di un altro, mordicchiate, fino ad estirparle, è quel calduccio del sotto la bialetti dopo le cose da dire dette in bocca, il poco prima dell'addio,anche se il lennè è nei pressi

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  2. è vero, giovanni rana non lo farei mai entrare: troppo ripieno di sé! ti scopro con piacere anche feticista ... ma bene, bravo, bis! adesso sevizia una vecchia in ascensore che poi le abbiamo fatte tutte.
    bialetti dei miei stivali!

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  3. corrado augias era li per maldisporre..

    come lo sarebbe un editoriale di eugenio scalfari,o un aforisma di hussrel, foucault o bodelaire..

    mi tratti come il nano di de andre con contaminazioni di rainman

    adesso aspetto che mi butti gli stecchini a terra per famenere fare un computo rapido..

    se avessi letto kerouac un anno prima di quando l'ho letto, avrei avuto un anno in piu per disprezzarlo

    e se ti è venuto il dubbio a te, che considero con stima, significhera qualcosa.

    sono basito. come quando apri il cancello automatico dimenticandoti il cane, libero di scappare verso il parallelo di greenwich

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  4. mi consideri con stima? Ma sei pazzo?
    Peter, figliolo, vieni nel saloon buono che dobbiamo fare un discorso da uomini.
    Ci sei?
    Vedi Peter, io non ti tratto affatto come un nano di de andré con contaminazioni da rainman (dimmi il numero di telefono della signora Concettina de Lorenzi, Roma, avanti, dimmelo) ...
    e nemmeno come il cane col cancello automatico aperto.
    No no.
    Io ti tratto come il meridiano di Greenwich: prendo il tempo, lo misuro, mi misuro.
    Tutta colpa di Kerouac, che c'ha insegnato a disprezzare la giovinezza.

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  5. ....sì va bene. Va bene, ho capito, sì, sì, se n'è andato. Non torna più. Ho capito, non torna...va beeeeene!

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  6. prenoto taglio piega e meches per due?

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