mercoledì 31 dicembre 2008

Magari.


Dietro la risega dell'alimentari il padre del Falchetto fumava Nazionali. Seza filtro. E aspettava Mariannina per parlare.
"eh, noi teniamo affari, assai assai"
"assai?"
"assai. PuLtroppo la mia povera moglie ..."
"è morta?"
"magari! per lei, intendo: non capisce più niente, sragiona, pazzìa comm 'na criatura"
"poverina"
"eh, povera lei, povera lei ... povero a me! Che tengo il peso di un'attività, di una famiglia, la responsabilità di quel delinquente di mio figlio su queste vecchie spalle!"
"eh, mica vecchie signor Mimmo"
"ah no?"
"no"
"no?"
"no no. Ce ne fossero di spalle vecchie come le sue!"
E quel vecchio torace catarroso s'allargava nel tentativo di farceli entrare tutti i sogni di gloria piovuti all'improvviso.
"Miiiiimmo! MIIIIIMMMOOOOO!"
"perché non risponde?"
"mia moglie è un terno al lotto: se mi vede parlare innocentemente con una donna è capace di fare chissà che scenata"
"poverina! Allora vado, per carità. Arrivederci."
"eh, Mariannì, poverina poverina ... povero a me che non so mai se guardarti avanti o arret' tant'è grazia di Dio! Finanche il tacchetto della scarpa tieni vezzoso ... guarda, guarda che fianchi quando cammina! Che tentazione! Che struggimento! Che vampat'e ferragosto"
"ma solo a fumare c'hai l'arte? Le cassette di frutta l'hai prese al magazzino?"
"vado, vado ... femmina sdirazzata maledetta ... NICOOOLAAA! Niccò, vieni a papà, vacci a prendere le cassette a tua madre prima che mi fa fare peccato mortale"
Il Falchetto sapeva la musica e anticipava improvvisando: scendeva al magazzinetto, scostava il cartello col teschio davanti alla serratura, e dalla penombra guardava Mariannina passare, ma mica tutta insieme, no, pezzo a pezzo: passava la boccuccia un poco troppo pronunciata, passava la frangia scapigliata ad arte, passavano i seni morbidi nella vestina chiara, passavano le natiche, una per volta, ché ognuna viveva di vita propria e respirava a ritmi alterni, inspira-espira, inspira-espira, inspira-espira.
Mariuccina era femmina, ma femmina femmina. E respirava più a fondo quando passava davanti al magazzino del signor Mimmo, per prendere l'aria buona.

martedì 30 dicembre 2008

lo struscio sui muri di tufo

Mynchia se lo ricorda eccome il suo nome. E se lo ricordano tutti quelli che la chiamano così. Mynchia. Non come nelle storie ben raccontate.
La colpa originale della solita Eva, la madre che del barrio se ne voleva fregare e se n'è fregata, fregando la figlia.
"Ma allora chiamiamola Maria!"
"Myriam è piùbbello!"
"Ma non ci si chiama nessuno qui"
"Apposta è piùbbello!"
E Myriam fu.
Per una decina d'anni, poi solo Mynchia.
Con le prime polluzioni notturne l'universo dei suoi coetanei aveva preso ad orbitare attorno a quei seni sfacciati nelle magliettine di cotonella, che si intravedevano tra le fibre stirate dall'estremo tentativo di coprirsi.
Grave errore.
Come quello di scrivere "Minchia ti voglio" lungo il muretto del campo sportivo. Saputo che era stato il Falchetto il padre l'aveva abbottato di schiaffi davanti al benzinaio recitando un rosario di "ricchione" e "finocchio" degno del suo pedigree partenopeo.
Il Falchetto aveva pensato bene di rimediare allungando la I in Y.
E Mynchia aveva ricevuto il suo secondo battesimo e quel tocco di esotico che fa il mito.