venerdì 3 aprile 2009

Il male fatto


C’è gente che per trovarsi s’è cercata in India. Tra i bonzi e gli elefanti, tra il Deccan e il Brahmaputra. E magari non ha risolto niente.
C’è l’altra soluzione, quella facile, evidente, frequentata.
Se cerchi te cerca in te. L’ha detto qualcun’altro, più di qualcuno in verità.
A me l’ha riferito la mia tiepida vita.
Elogio il male fatto, a cui nessuno si sforza di volere un po’ di bene.
Lo faccio perché so quello che dico. Non c’è provocazione. Tutto vero.
Elogio non vuol dire caldeggiare, spingere, invitare, persuadere. Non c’è bisogno. Tutti l’hanno fatto, tutti lo fanno, e spontaneamente.
Elogio vuol dire stacci attento, non lasciare indietro niente, non sottovalutarti: tu stai tessendo storia, la tua storia. Niente di meno.
Lesson one: the pen is on the table.
Lesson two: la vita non si sfugge.
Scegliere di fare il bene, scegliere di fare il male, scegliere di non scegliere. Questo è quanto.
Se hai attossicato, soffocato, lacerato, tradito, mentito, lusingato, simulato, a me gli occhi please, a me gli occhi.
Ecco il tuo peso specifico, la tua umaniorità.
Il disprezzo di sé: un egolitico di prima qualità. Posologia: al bisogno.
Doversi perdonare ci regala un precedente, espande la casistica, ci costringe a fare gli uomini. Anche prima di esserlo davvero.
Riempe le borse degli occhi di vestiti che non metteremo più.
E da quel viaggio notturno nel retrogusto amaro della propria perfettibilità si ritorna differenti. O non si torna.
Capaci di sapere ad ogni istante di quanta carne è fatta l’altrui vita, di provarne tenerezza, di aver voglia e pudore di ninnarla.
Hai preso attenuanti che una volta toccherà a te prestare a chi di turno.
Elogio il male fatto che c’insegna ad amare meglio gli altri, meno noi.

3 commenti:

  1. elogiare la distanza che ci separa da noi stessi , dalle nostre dosi di disprezzo sottoposte ad altri, quelle posologie di malanni, di claudicanze provocate, di fiduce malriposte, di minzioni improvvise che spossano chi abbiamo affianco, che continua a parlare mentre noi siamo corsi ad esecrire in modo estruso le orine..i nostri bisogni avanti a all'atro, sempre secondo..

    cosi diventiamo principalmente piccoli affluenti di un rivolo , ruscelletto o torrente, e poi, solo poi.."amici"

    RispondiElimina
  2. ma come hai fatto a trasformare tutto questo in un trattato orinario?
    sei un mostro!

    RispondiElimina
  3. svezza-colibbri, che altro non sei..
    ti muovi a scrivere. o devo divenire prevedibile come 'una poltrona per due' in onda sotto natale..
    non vorrei che i casalesi vengano a fati visita sul blog?? vero.. per cui muoviti a scrivere in piccolo taglio non trasferibile e non consecutivo..se ti fai pedinare da qualche dittongo l'orecchietto di faruk cassan lo rivendo su ebay, e addio sengaposto speciale per il ristorante delle tue nozze.

    RispondiElimina