venerdì 4 giugno 2010

La dura madre


Basta un muretto basso e sfatto, un vaso di fiori sconosciuti e rossi e una luce che cuocia di tre quarti per fare di me qualcuno che non conosco.
Squillano le sirene di Bagdad vent'anni dopo: nella mia periferia storica può trattarsi al massimo dell’allarme di un suv o di una soluzione sensazionalistica che qualche sebaceo ragazzo sta approntando per i prossimi mondiali.
Tutto mi bea, tutto mi persuade, e tra selve di rosmarino sento di esistere altrove e altrimenti, di avere tra le costole o sotto il femore o in una circonlocuzione del cervello un piede di porco per forzare le ganasce del buon senso e scoprire che sotto c’è ancora buon senso.
Seduta in mezzo al tempo che mi resta prima della prossima edizione del tg, stupisco; esercito le reni indolenzendole come vuole la disciplina della dura madre, nella quale anche ora, ora che indosso un pigiama di cotone, si impasta la mia vita.
La dura madre sa, la dura madre vuole.

6 commenti:

  1. sono offesso dal tuo modo di colpevolizzare la seborrea

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  2. beh vede, caro Ferrovie del Peter, io ripudio il politicamente corretto, massime quando a beneficiarne sono io medesima.

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  3. La dura (grande ?)madre. Segnato a vita !!

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  4. la dura mammella del fato, da cui suggere i pochi attimi di respiro profondo tra una poppata e l'altra.

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  5. ... per poi cavarsela con un rottino.

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