giovedì 20 agosto 2009

Termodinamica dell'elettrostatica


Patti non è nome da paese.
Sotto i ventimila abitanti Patti è inequivocabilmente un nome di sventura, una quinta di reggiseno , un magenta per le labbra, un odore di vaniglia lemon che resiste all’incenso del prete e a cui il prete, anche il prete, non resiste.
Patti è un nome che le altre non ti ci chiameranno mai, mai lo useranno per invitarti a uscire né tantomeno a visitarle a casa, dove la tua scia di vaniglia lemon rimanga a solleticargli i mariti.
Patti è un nome da mariti, che se lo passano con la lingua tra uno spritz e l’altro, e se lo mettono in tasca con gli spicci per giocarci con le dita intanto che aspettano da cena.
E quel 92% seta e 8% elastene delle tue spalle scivola, eccome, tra le dita, accelera lungo i palmi, si rincorre tra gli avanbracci per precipitare su viscosi petti. Patti. Con quell’orribile vizio della generosità. Con un imene per ogni occasione. Con un odore di vaniglia lemon da perderci il sonno.
E una madre che t’ha scudisciata con ogni nuova ruga, per quella polpa rosa che vedeva gonfiartisi addosso, per la pretesa assurda di poter ridere di niente e perché nei tuoi 36° vedeva fermentare qualcosa che ubriacava più e meglio del suo vino in cartone.
Tutto si trasforma. Dice. E nulla si crea. Pare. Ma che niente si distrugga, beh, ci vuole fede, non scienza, per crederci.

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